Consacrato maestro del genere da The Untold Story (1993) ed Ebola Syndrome (1996), il prolificissimo Herman Yau è tornato all’horror con The Sleep Curse, terrificante anatomia di una maledizione di cui ha presentato a Udine il director’s cut.

Il professor Sik-ka LamAnthony Wong – è impegnato in una ricerca che possa ridurre la quantità di sonno necessaria all’organismo. La svolta arriva quando una sua vecchia conoscenza, Monique YauGoh Jojo – si reca da lui in cerca di aiuto: è affetta da insonnia atipica, una patologia che impedisce di dormire portando il paziente alla follia e di cui soffrono già alcuni suoi parenti. Lam accetta di sottoporla a una terapia, al contempo cercando di risalire alle origini del disturbo. L’indagine lo porterà indietro di quasi cinquant’anni, ai tempi dell’occupazione giapponese di Hong Kong, rivelando una connessione maledetta tra la sua famiglia e quella di Monique.

the sleep curse

Diversi sono i legami con le due pellicole di cui sopra: siamo sempre negli anni Novanta e il protagonista è ancora il grande Anthony Wong nei panni un personaggio la cui disumanità questa volta si manifesta nell’intento contronatura della sua ricerca. Ma la sceneggiatrice Erica Lee si spinge oltre e complica la struttura narrativa articolandola in due linee temporali dove l’elemento unificante è proprio Wong, nel doppio ruolo del dottor Lam e del padre di costui. Con un occhio quasi storiografico vengono quindi descritte le sopraffazioni delle truppe nipponiche, senza omettere le fucilazioni arbitrarie e gli abusi sessuali sulle cosiddette “donne di conforto”, tra cui vi era anche la giovane strega – interpretata da Michelle Wai – ad aver impresso sui genitori di Sik-ka e Monique la maledizione del titolo.

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The Sleep Curse è insomma esplicito in tutti i sensi e non lascia nulla all’immaginazione, come dimostrano sequenze quali l’estrazione di un cervello umano poi conservato all’interno di un guscio di frutto tropicale, l’evirazione di un maresciallo giapponese alla maniera di Sada Abe, le decapitazioni a colpi di mannaia e l’indimenticabile – e velatamente erotico – atto di cannibalismo finale, caratterizzate da effetti speciali tradizionali senza l’ausilio di grafica computerizzata.

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Combinando la sua anima splatter con spunti orrorifici come l’occultismo, le allucinazioni e la paranoia, The Sleep Curse riesce sia a scioccare visivamente che a risvegliare nello spettatore una paura atavica che non si esaurisce all’uscita dalla sala, ovvero quella di venire privati del riposo, un bene diventato irrinunciabile a maggior ragione in un un’epoca frenetica come la nostra. Ancor più agghiacciante, la maledizione si tramanda di generazione in generazione e non basta la morte a fermarla.

In conclusione, Yau è riuscito senza dubbio a regalarci un capolavoro del genere, fiaccato soltanto dall’apertura eccessivamente stereotipica e da una narrazione che, per quanto coinvolgente, fa troppo affidamento sulla retrospezione a scapito della storyline principale.