Secondo film a portare la firma di Herman Yau ed Erica Lee presentato nella giornata conclusiva del Festival, Shock Wave si inserisce a pieno titolo nella tradizione del miglior action hongkonghese, mescolando spunti provenienti dal poliziesco e del war movie.

Dopo un lungo periodo sotto copertura l’agente CheungAndy Lau – ha assicurato alla giustizia la banda del criminale dinamitardo Peng HongWu Jiang – , il quale però è riuscito a mettersi in salvo. Di lì a qualche anno infatti si riorganizza e con un piccolo esercito personale si barrica all’interno del Cross Harbor Tunnel, facendo centinaia di ostaggi e piazzando cariche esplosive in punti strategici. Starà alla polizia di Hong Kong e in particolare alla Squadra Artificieri di Cheung fermare il terrorista senza compromettere l’incolumità dei civili.

shock wave

Su tutto un altro piano rispetto a The Sleep Curse, Shock Wave segna la terza collaborazione con il divo Andy Lau – in veste di interprete nonché di produttore – e dimostra l’incredibile versatilità della coppia Yau-Lee. L’azione non si fa attendere, con una rapina a mano armata in apertura seguita da un inseguimento al cardiopalma spettacolare ma realistico, in cui il regista dà prova di sapersela cavare anche con le sequenze ad altissima velocità. Prima di entrare nel vivo però il film si prende il suo tempo e caratterizza, in modo piacevolmente convenzionale, l’eroe impersonato da Lau: Cheung è un poliziotto idealista pronto a rischiare la vita per proteggere gli altri e la compagna, come si evince dalla sequenza in cui senza nemmeno la tuta protettiva disinnesca da solo un ordigno bellico, caratterizzata da una tensione e un montaggio degni di un film di guerra che ci ha ricordato The Hurt Locker (2008) – incentrato a sua volta sulle gesta di un’unità di artificieri.

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Brillante l’intuizione della sceneggiatrice Erica Lee – affiancata questa volta in fase di scrittura dal regista – di moltiplicare i punti di vista una volta che il tunnel che collega la parte insulare di Hong Kong alla terraferma viene occupato dai terroristi: lo spettatore si immedesima così nelle persone comuni – una guida turistica, degli amici di ritorno da una serata in compagnia – prigioniere nelle loro vetture e ne vive in prima persona il dramma.

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Da questo momento in poi l’escalation di spettacolarità è inarrestabile, con le forze di polizia che avanzano metro per metro all’interno della galleria ingaggiando scontri a fuoco ravvicinati in spazi ristretti, descritti con la stessa precisione di un’azione militare. Ma l’esito della battaglia non è deciso in partenza e anche i “buoni” avranno i loro morti da piangere, come quando Cheung sarà costretto ad abbandonare al suo destino un giovane agente al cui corpo sono stati collegati diversi ordigni al C4. Gli effetti speciali sono usati in abbondanza ma senza scadere nel feticismo per le esplosioni tipico di molti action contemporanei.

Assieme a Jailbreak, Shock Wave è il titolo che all’interno del Festival ha saputo regalare l’intrattenimento più genuino, ergendosi a perfetto rappresentante di un cinema d’azione vecchio stampo che ancora non ha finito di dire la sua.