Un assaggio Neri Pozzi di quello che troverete in Libreria.
«Storie di sbirri che mostrano piú ancora che il volto del crimine, e il contesto sociale nel quale si sviluppa, l’inquietudine di quanti, uomini e donne, devono farvi fronte ogni giorno».
Il manifesto
Non c’è tregua per la polizia giudiziaria di Marsiglia e
per il comandante Henri Saint-Donat, un tempo in forza a Parigi e da anni in servizio nella città del sole, del pastis e delle gang che trafficano droga e vite umane. Nemmeno quando Saint-Donat si trova dall’altra parte del mondo, in Québec, a un congresso internazionale delle forze dell’ordine, dove lo raggiunge una breve, drammatica telefonata del suo vice, il capitano Basile Urteguy, poliziotto con la musica nel sangue. Musica e sangue, del resto, sono motivi conduttori di una delicata indagine tra Marsiglia e Tolosa in cui la morte di una giovane prostituta, gettata da una finestra, pare collegata all’esecuzione di due uomini, uno dei quali, un musicista, torturato con un trapano elettrico. Saint-Donat, vedovo, stanco di affrontare il male quotidiano, sarebbe pronto a lasciare, ma a riportarlo in patria e in azione, rivitalizzato dalle nevi canadesi e con nuove endorfine in circolo, è proprio la notizia che Basile è svanito nel nulla mentre indagava sulla scomparsa di un’altra ragazza, ça va sans dire musicista. Il grido di aiuto del suo vice, insomma, è arrivato forte e chiaro fino a lui oltreoceano. Cosí, in pochi giorni, Saint-Donat e gli altri della Giudiziaria ingaggiano una lotta contro il tempo per evitare che altro sangue venga versato, mentre a ogni passo risuonano alte e forti, dietro le quinte, le magiche note di Chopin. Dopo l’avvincente Omicidio a Cap Canaille, insignito del Prix du Quai des Orfèvres, torna in azione, in un poliziesco crudo e serrato, la squadra nata dalla penna e dall’esperienza di Christophe Gavat.
«Una corsa sfrenata attraverso il xix secolo… Irresistibile».
Financial Times

2023, pp. 464, € 22,00
Nato sul bordo di un nuovo secolo, Cashel Greville Ross soleva dire che il suo primo ricordo – doveva avere cinque, sei anni – era di un uomo vestito di nero che conduceva a mano un cavallo recalcitrante altrettanto nero, un uomo che, per qualche motivo, voleva ucciderlo. Il ricordo, tuttavia, poteva benissimo essere una suggestione assurta al rango di reminiscenza, dal momento che Cashel era cresciuto con zia Elspeth, la quale, esattamente a quell’età, gli aveva raccontato la tristissima storia dei suoi genitori, Moira e Findlay Greville, morti annegati nel Mare d’Irlanda durante una tempesta mentre correva l’anno del Signore 1800. Un’autentica tragedia che, oltre ad aver inaugurato la sua esistenza di orfano, come tante altre narrazioni suggestive poteva anche non essere vera. Quando infatti un’altra verità emergerà, Cashel capirà di aver vissuto intrappolato in una rete di arzigogolate menzogneconcepite proprio da chi gli è piú vicino. Da quel momento andrà a caccia di avventure stravaganti, sperimenterà mille vite alla frenetica ricerca del vero sé stesso, sempre in movimento, dall’Irlanda fino a Londra, dai campi di Waterloo passando per le Indie fino a Zanzibar, attraverso i continenti in guerra e in pace. Soldato, amante, padre, amico di celebri poeti – sí, proprio di Byron –, criminale, contadino, esploratore, scrittore, si troverà sempre nel luogo e nel momento in cui il secolo accelera la sua corsa; annoterà con cura, giorno dopo giorno, tutto ciò che accade; lascerà il suo cuore tra le mani di una donna che non può permettersi di amare. Senza mai smettere di interrogarsi, romantico figlio del suo tempo, sul senso del suo vagare. Dalla penna di uno dei piú amati scrittori britannici, un romanzo rutilante sulle straordinarie avventure di un uomo ordinario e, allo stesso tempo, «il vivido ritratto di un’epoca. Ricco di passione, avventura, suspense, intermezzi comici e una galleria di indimenticabili personaggi» (The Economist).
«La star della nuova letteratura israeliana».
Eshkol Nevo

«In queste pagine si ritrova la Napoli di Serao, quella de La pelle di Malaparte, la metropoli della Ortese, cosí barbara e meschina, cruda, vera e reietta».
TTL – La Stampa

Il fidanzamento interrotto tra una ballerina e uno studente universitario, le vicende quotidiane di una povera famiglia di artisti, l’interno di una casa napoletana «sopra Toledo» in una giornata d’ottobre del 1951: ecco il nucleo di questa poderosa prima opera narrativa di Vittorio Viviani che, nel suo svolgersi imprevedibile e vertiginoso, raggiunge l’ampiezza di una narrazione epica. Dalla Napoli prefascista alla Napoli «americana», dal tempo del delitto Matteotti allo sciopero dell’Università del ’49, in queste pagine emerge l’immobile fisionomia di una città disincantata e segreta, resa nella molteplicità dei suoi aspetti, nella vasta galleria dei suoi personaggi, nel paesaggio urbano e in quello interiore in cui si svela una inarrestabile devastazione sociale e morale, resa ancora piú drammatica, nel dopoguerra, dalla presenza dei militari alleati. «Era stata a casa tutto il giorno, in ansia per quel pubblico sconosciuto che avrebbe affrontato; normale, non piú americano, e perciò difficile. Piú che il corpo, l’anima elastica.Ma aveva dovuto ancora ascoltare le solite grida irritanti e domestiche della madre; ancora era stata costretta a vedere suo padre taciturno e crucciato, come in quegli ultimi tempi, quando non era riuscito nemmeno a nasconderle un profondo senso d’invidia per il suo debutto importante».